Introdacqua, il borgo del poeta della pala e del piccone
C’è un luogo, in Abruzzo, fortemente identitario per l’emigrazione abruzzese e per le storie che può raccontare.
E’ il borgo di Introdacqua, a pochi chilometri da Sulmona, al centro della valle peligna, riconosciuto tra i borghi più belli d’Italia. In questo piccolo paese di 2.000 abitanti, oggi guidato da un giovane Sindaco, Cristian Colasante, è nato, nel 1894, “il poeta della pala e del piccone”: Pasquale d’Angelo, diventato in America Pascal D’Angelo.
Non a caso a Introdacqua è stato creato il Museo Regionale dell’Emigrante, oggi purtroppo chiuso, ma che dal 2023 potrebbe riprendere l’attività, dopo che la nuova amministrazione sarà riuscita ad approvare un bilancio che consentirà, alle povere casse comunali, di permettersi il “lusso” di pagare le spese per tenerlo aperto. Il museo si trova nel Palazzo Trasmondi, in un edificio alto e imponente che caratterizza il centro storico di Introdacqua, e prende il nome dal casato proprietario, i Trasmondi, che furono gli ultimi feudatari della zona.
Il Museo Regionale dell'Emigrante si propone d’illustrare le vicende dell’emigrazione italiana dei primi anni Novecento, prendendo spunto dalle esperienze vissute dal poeta e scrittore Pascal D’Angelo, emblematiche di una storia d’Abruzzo ancora poco conosciuta. Pascal D’Angelo, nato nella frazioncina di Cauze di Introdacqua, dove tuttora è rimasta in piedi la povera abitazione in cui viveva la sua modesta famiglia, era il primo di due figli. Costretto a svolgere i lavori umili dei contadini, nel 1910, con suo padre Angelo, partì da Napoli per gli Stati Uniti imbarcato sul piroscafo Celtic, dichiarando d’avere 14 anni anziché 16, per aggirare le prescrizioni normative italiane sull’emigrazione che non consentivano l’espatrio dei ragazzi al di sopra dei 15 anni senza regolare libretto di lavoro. Il nuovo mondo si rivelerà ancor più duro della sua terra d’origine, ma Pascal D’Angelo rimase caparbiamente in “America”, al contrario del padre e di molti altri suoi compaesani, convinto di riuscire a raggiungere il suo sogno americano. E il sogno era quello di veder realizzate le sue ambizioni letterarie. Pasquale lavorò nei cantieri ferroviari come operaio di fatica e in condizioni durissime, ma presto si rese conto dell’importanza d’imparare la lingua degli americani per poter riscattarsi, consapevole che la sua natura poetica avrebbe potuto aprirgli uno spiraglio di luce. Appreso l’inglese con tenace determinazione frequentando le biblioteche pubbliche di New York, cominciò ad usare il linguaggio poetico per trasmettere le sue emozioni e la sua storia d’emigrante. Dopo diversi tentativi il suo impegno letterario venne riconosciuto: nel 1922 viene pubblicata su una rivista a larga diffusione la sua prima poesia, cui seguono altre liriche pubblicate su importanti riviste e di lui s’interessarono molti critici letterari. La sua storia e il suo caso diventarono noti in America ed in Europa. Nel 1924 la casa editrice Macmillan di New York pubblicò la sua autobiografia “Son of Italy”, suo primo ed unico romanzo. Ma la notorietà non cambiò di molto la sua vita grama. Morì a 38 anni in solitudine, il 17 marzo 1932, in un ospedale di Brooklyn per i postumi di una appendicectomia.
Pascal D’Angelo, “il poeta del piccone e della pala - the pick and shovel poet” come venne definito dai critici americani suoi contemporanei - è stato riconosciuto postumo personaggio di alta caratura artistica. I critici che si stanno attualmente occupando delle sue opere lo ritengono il precursore di uno stile letterario moderno, comune ad altri artisti e letterati emigrati in America.
Oggi il Comune di Introdacqua intende valorizzare la sua figura, riprendendo la sua storia per farla conoscere al grande pubblico, partendo dalla riapertura del Museo dell’Emigrazione, dove il racconto della sua vita diventa un capitolo emblematico del romanzo sulla storia dolorosa dell’emigrazione abruzzese.